È passato un anno da quando il virus si è palesato nelle nostre vite, mettendo in luce tutte le  problematiche e le disuguaglianze proprie del modello attuale. Sono emerse chiaramente le mancanze e le contraddizioni di un sistema che negli ultimi 15 anni ha definanziato la sanità, l’istruzione media e universitaria e la ricerca. Il modello neoliberista che permea ogni ambito della società è alla base del disastro sanitario, sociale ed economico vissuto quest’anno. Il sistema universitario plasmato dalla Legge 240/2010 che premia le eccellenze, che punta all’accumulo di competenze e nozioni, che ripartisce i fondi in base alle logiche inique di merito, falsamente oggettive, si mostra oggi totalmente inattuale.

La situazione emergenziale che ormai da un anno stiamo vivendo ha stravolto la quotidianità della vita degli studenti e ogni prospettiva futura, mettendo in luce i limiti di un sistema economico che non dà centralità alla Conoscenza e ai Saperi.

Il nuovo modo di vivere la didattica ha rivoluzionato gli spazi e i mezzi di socialità sacrificando i momenti di confronto diretto e mettendo a rischio la dimensione collettiva alla base della comunità studentesca. La didattica a distanza ha reso sempre più difficile la creazione di un dialogo fra studenti e docenti e ha influenzato i rapporti tra gli studenti stessi alimentando una dimensione individualistica e competitiva che ha avuto anche rilevanti effetti psicologici, infatti nel 74% dei giovani si registra oggi un forte senso di solitudine. 

In questi mesi numerosi sono stati i problemi legati alla mancanza di strumenti adeguati ad affrontare la situazione: la mancanza di strumenti digitali per seguire le lezioni, di spazi adeguati per sostenere gli esami, le difficoltà economiche che inevitabilmente si sono presentate, hanno lasciato indietro molti studenti le cui rivendicazioni ancora oggi faticano a trovare una concreta risposta. La situazione che stiamo vivendo e le conseguenze che stiamo osservando sono il frutto di un sistema universitario selettivo e classista che premia le eccellenze favorendo un percorso individualistico e competitivo, spesso incapace di ascoltare i reali bisogni degli studenti. A questa situazione sanitaria, si lega una crisi economica e sociale senza precedenti in cui la popolazione giovanile è tra le principali vittime.

La chiusura delle università e il passaggio della didattica alla modalità a distanza è stata una decisione forzata ma doverosa per tutelare la salute di tutte e tutti. La DAD ha sicuramente consentito lo svolgimento delle lezioni ma nelle modalità sostanziali nulla è cambiato, la didattica universitaria resta ancorata a modelli vecchi e poco rispondenti agli sviluppi che la società e l’economia vivono. A ciò si aggiungono i nuovi problemi legati alla sostenibilità delle modalità con cui la didattica viene erogata e alla garanzia dei diritti degli studenti e delle studentesse in questa fase. Molti studenti hanno abbandonato le città in cui studiano, senza la certezza di tornarci, modificando totalmente il modo in cui essere universitari e molto spesso anche abbassando le proprie aspettative future. Tanti altri, coloro che hanno iniziato quest’anno, in università non ci hanno messo mai piede e i propri compagni di corso non hanno potuto mai incontrarli se non attraverso uno schermo.

Come Sindacato Studentesco, da sempre crediamo che la Conoscenza e i Saperi siano gli elementi da cui Bari deve ripartire: le scuole e gli atenei della città devono essere il centro pulsante della Bari del Futuro. È fondamentale ridiscutere le priorità con cui si progetta il domani e definire un nuovo orizzonte comune verso cui muoversi e in questa fase – più che in ogni altra – abbiamo ritenuto necessario analizzare ciò di cui i nostri colleghi e noi stessi abbiamo bisogno, come trovare soluzioni nuove a problemi vecchi e nuovi. Risposte però che non si limitassero alla contingenza, che non vivessero solo ed esclusivamente del carattere emergenziale, ma che dessero una prospettiva di uscita dalla crisi e che portassero a reimmaginare l’università e le città in toto. Alcune delle nostre proposte sono state accolte dalle Amministrazioni universitarie, locali e regionali con degli effetti positivi. Basti pensare all’incremento della No Tax Area a 25.000 euro che Uniba ha approvato l’anno scorso o al Bando Straordinario dell’ADISU per chi ha redditi bassi o ancora al Bonus Device che l’Amministrazione Poliba ha varato. Tutte misure che hanno sicuramente attenuato le gravissime situazioni di difficoltà economica, ma che rimangono non bastevoli per arginare tutti quei fenomeni di espulsione dal mondo universitario dei tanti che hanno visto contrarsi i propri redditi durante l’anno appena trascorso. Molto spesso queste misure si sono rivelate poco accessibili: lo stesso Bonus Device, attivato dall’ADISU, manteneva i requisiti di merito per l’accesso alla misura e aveva una soglia ISEE per richiederlo che non copriva nemmeno tutti i borsisti. Tutto questo in un’area del Paese, quale è il Meridione, dove i dati ISTAT certificano percentuali preoccupanti relativamente all’assenza di dispositivi digitali e all’impossibilità di accedere alla rete in larghissime fasce della popolazione. Una misura a maggior ragione necessaria nel momento in cui tutte le attività universitarie sono svolte in modalità telematica. Non solo, dare centralità alle condizioni materiali, di vita e di studio di migliaia di studenti e studentesse che ogni giorno vivono gli atenei della nostra città vuol dire dare una certa importanza a come questi luoghi potranno e dovranno essere vissuti.

Oggi serve rivoluzionare il modo di intendere l’università e l’istruzione che si basi sulla solidarietà e la cooperazione, che garantisca agli studenti le stesse possibilità e gli stessi mezzi;  serve immaginare un futuro diverso per la didattica e i suoi mezzi di attuazione. Mantenere la DAD come strumento integrativo e non principale può, ad esempio, rappresentare un’opportunità per agevolare determinate categorie di studenti, come gli studenti lavoratori e chi è impossibilitato a seguire in presenza, rendendo il diritto allo studio sempre più accessibile. Fare questo vuol dire però rispondere a nuove e mutate esigenze e quindi dover tutelare e implementare nuovi diritti, rafforzando gli strumenti attualmente esistenti. Ad esempio, aggiornare lo Statuto dei Diritti e dei Doveri degli Studenti in Uniba e approvarne uno sul Politecnico di Bari, facendo menzione specifica alle tutele sulla DAD, come il diritto alla disconnessione, sono sfide che bisogna cogliere, come comunità studentesca e accademica tutta.

Da questa fase dobbiamo uscire più forti, più coesi e consapevoli del ruolo che la Conoscenza e i Saperi hanno nello sviluppo del territorio e della società e capaci di immaginare e determinare il futuro delle nostre vite.

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